We’ve wanted to find out more about the history of our Italian house since we bought it back in 2004, but until a few days ago, nobody knew anything about who used to live there, what they did and where the name came from. Everybody knows the house; ‘oh, yes, Col Buttero’ but nobody seems to know the social history of the place. The people and their lives here. That was all about to change.
Me and hubby (he hates me calling him that on these posts :)) normally wake up quite early and after coffee and biscuits go outside and do some dirty work (like mowing or strimming the lawn) before having showers. Especially in the early part of the summer when you can almost see the grass grow. This is what we were doing when I noticed some people walking down our drive. Our house is set away from the road and people don’t normally just appear. I looked a mess, with bits of grass in my hair and unwashed and my Italian is, to my shame, not good and I hoped they would be able to understand me. As luck would have it, two of them spoke English and they explained that they used to live here, at Col Buttero and that a few of them were even born here, in this house.


They asked if they could have their picknick here and invited us to join them. They had brought tables and chairs and a portable camping gas cooker that they heated food. And there was a lot of food, and wine and a spirit they called the water of life. They were so kind and happy and told us about their lives here. Truly some of the nicest people I have ever met in my life.


My husband walked with one of the older gentlemen that used to live here down to the well where they used to collect water. We’d never gone to that part because it’s quite dense with trees that didn’t used to be there in the days when the Sensi family lived here. I asked Stefania if she could write down the memories of her family from this place because it’s important to record them, especially as nobody else knows the history of Col Buttero. I asked her if I may post it here and she agreed that their history should be remembered. Here are their memories of life at Col Buttero 1932 to 1954 in Italian. There’s always google translate 🙂
Storia degli abitanti di COL BUTTERO dal 1932 al 1954. FAMIGLIA SENSI
In quegli anni il Col Buttero è stato abitato dalla famiglia Sensi, composta dal padre Sensi Giuseppe (classe 1888), dalla madre Rossi Maria (classe 1890) e da 8 figli, quattro maschi e quattro femmine.
Nell’ordine sono nati: Rino nel 1917, Eliseo (morto dopo 2/3 giorni), Rosa nel 1920, Gina (morta a 7 anni con la malattia chiamata “bolla”, probabilmente le placche alla gola), Ida nel 1926, Luigi nel 1929, detto Gigi, Letizia, detta Lena nel 1931, Domenico nel 1934. Quest’ultimo è nato proprio a Col Buttero. Alla data attuale sono in vita Gigi, Lena e Domenico, gli ultimi 3 figli. La famiglia si è poi allargata con il matrimonio di Rino e, proprio a Col Buttero, con l’aiuto dell’ostetrica che era la nuora del padrone sono nati i primi nipoti: Giuseppe, Vera e Anna.
Il proprietario di Col Buttero si chiamava Andreoni Benedetto, negli anni tra il 1932 e il 1954 c’era ancora l’usanza della mezzadria, ossia quel contratto agrario secondo cui i prodotti e gli utili vengono divisi tra il proprietario del fondo e il colono o mezzadro. Succedeva quindi che il proprietario non percepiva un affitto in denaro per l’occupazione della casa e del terreno ma la gestione e la manutenzione degli spazi e la coltura della terra. I prodotti della terra e dell’allevamento degli animali venivano ripartiti tra i proprietari e i mezzadri. Non c’era circolazione di denaro bensì di beni e servizi quindi la realtà abitativa era autosufficiente, dal cibo al vestiario, dall’energia all’autosussistenza in generale. L’acqua da bere bisognava andare a prenderla alla fonte, con le brocche di rame, distante a piedi circa dieci minuti mentre, per fare il bucato, si andava più lontano con il somaro al fiume Ciccolino, percorrendo un lungo tratto di strada. La casa non aveva nessun confort, la luce si faceva con lume di candela o con il petrolio, il gas ovviamente non c’era, si usavano i camini accendendo il fuoco per scaldarsi e fare da mangiare. I servizi igienici erano assenti. Nell’abitazione al piano terra c’erano le stalle e gli animali, al primo piano vi alloggiava la famiglia quindi si può immaginare con quali odori e disagi si doveva convivere. Oltre alla camera matrimoniale c’era la stanza dei maschi e quella delle femmine, si dormiva sui materassi fatti con le foglie di mais, periodicamente si aprivano per rimuovere le foglie vecchie ormai troppo schiacciate. La vita era molto dura, fatta di tanto lavoro e capacità di adattamento alle condizioni climatiche e a quelle della terra… si diceva che “la terra è bassa”, perché si lavorava stando piegati e accovacciati… tanto lavoro di schiena e forza in tutte le condizioni stagionali, dalla neve, il ghiaccio e il freddo al caldo e al sole cocente. Tutti dovevano lavorare e dare il proprio contributo, già dall’età di 5/6 anni i figli più piccoli pascolavano le pecore e i maiali. I figli maggiori sentivano il peso di sostenere la famiglia assieme ai genitori soprattutto quando Rino, il figlio più grande, rimase lontano da casa per circa sette anni, prima per il servizio militare e poi, durante la guerra, quando fu fatto prigioniero e mandato in Inghilterra. Le principali coltivazioni erano grano, patate, mais (formentone), vigna. Gli animali che si allevavano erano pecore, mucche, maiali, galline e conigli. Si potevano incontrare anche molte quaglie che facevano il nido nel fieno e, in autunno e nel mese di giugno si raccoglievano anche tanti funghi. Durante l’inverno ci potevano essere lunghi periodi innevati, con la neve alta anche più di un metro e in questo periodo le donne tessevano la tela al telaio preparando lenzuola, asciugamani, tessuti per il vestiario e corredi mentre gli uomini si dedicavano alla stalla, custodivano e pulivano gli animali, preparavano la legna, pulivano le strade dalla neve.
I poderi vicini al Col Buttero sono: Chi Stefani, Cotoleto, Mariotti, Pantano, Col Baggio. Ogni abitazione, con il relativo appezzamento di terra, era indipendente e autosufficiente e le persone si incontravano in occasione della messa domenicale alla chiesa di Baciuccheto distante mezz’ora di cammino da Col Buttero. Per arrivare alla chiesa si doveva passare per il “monte dei sospiri”.
La storia del nome non è certa, vi sono almeno due differenti storie, entrambe piuttosto tragiche. La prima racconta di quelle persone che dovevano passare da quel punto (in alto, ma tutto sommato pianeggiante) in inverno e con la neve. Prima di partire qualcuno si fermava in qualche osteria a bere un pò di vino per scaldarsi, ma questo causava problemi di visione quando arrivavano al monte, a causa della neve e delle nebbie. Queste persone perdevano la vita nella traversata e si diceva che morivano lamentandosi e sospirando (?)
L’altra storia è invece ancora più tragica, narra di una mamma che, durante la traversata della zona per andare a battezzare il figlio di pochi giorni, non si accorse che il bambino che stringeva in un cuscino gli era scivolato via nella neve e quando finalmente lo ritrovò pianse disperatamente perché era ormai morto.
La domenica era un giorno di festa e ci si vestiva con gli abiti migliori facendo sempre la piega ai pantaloni ben stirati e alla camicia ben inamidata. Quando si tornava a casa a pranzo si poteva godere delle gustose pietanze di coniglio o pollo, diversamente dagli altri giorni della settimana. In inverno si mangiavano per lo più patate e polenta anche tre volte al giorno mentre d’estate si mangiavano patate, pomodori e pasta fatta in casa senza uova come le tagliatelle o i quadretti. Tutte le sere in casa si pregava e si cantava la novena guidati dalla mamma. Le uniche occasioni di incontro tra le persone erano le feste parrocchiali quindi la vita sociale era scandita dalle ricorrenze della religione cattolica: Natale, Pasqua, patrono, ecc… La vita in genere era legata alle ricorrenze stagionali e ai ritmi della natura con i periodi della semina, della raccolta, della vendemmia, dell’uccisione del maiale, della mietitura del grano, della raccolta dei funghi, ecc… Era la natura con le fasi lunari e solari che dettava il passo dell’uomo!
Cosa succedeva quando qualcuno stava male? Il medico era a Mercatello sul Metauro o a Sant’Angelo in Vado e bisognava andare a prenderlo col somaro. Era da poco finita la guerra e i due figli più piccoli, Lena 15/16 anni e Domenico 12/13 anni, rischiarono di perdere la vita per via di una malattia chiamata in dialetto “la bolla”, causa di morte della sorella maggiore Gina. Andò a visitarli un dottore straniero (slavo) che si trovava al podere Casa nuova ma, visti i tempi, le medicine per curarli erano introvabili, quindi prescrisse l’utilizzo delle mignatte. La notizia che due fratelli di Col Buttero stavano per morire si sparse in poche ore, arrivò al farmacista di Mercatello sul Metauro che mise a disposizione le ultime due dosi di antibiotici.
Il filo conduttore che caratterizzava le persone era la profonda povertà e il benestare di tutti si poteva ottenere solo col lavoro di tutti. Non girava un soldo ma non mancava niente e non si è mai sofferta la fame!! L’educazione impartita ai figli era molto severa e non si doveva disprezzare nessuno. Quello che dicevano gli anziani era “sacro”, perché loro hanno vissuto tanto e hanno esperienza della vita. Anche quando ci si doveva sposare si raccoglievano attentamente tutte le informazioni sulle famiglie di appartenenza degli sposi e il giudizio della famiglia aveva il suo peso.
Durante il periodo della seconda guerra mondiale la vita si fece ancora più dura, alcuni beni di prima necessità erano quasi introvabili, capitò anche di dover donare dei vestiti a dei vicini perché gli uomini non avevano più di che vestirsi…le toppe ai pantaloni non tenevano da quanto la stoffa era usurata!
In quel periodo si decise che Rosa e Ida (le figlie più grandi) dovevano abbigliarsi in modo molto dimesso: fazzoletto in testa legato al mento e vestiti anche sporchi perché si aveva una grande paura dei tedeschi, erano dappertutto! Arrivavano con i cavalli. e gli abitanti non avevano mai visto i cavalli! Capitò anche che i tedeschi volevano portare via la mula (somara) e il babbo pur di non farsi privare della preziosa mula offrì loro uova, formaggi, salumi. Un giorno si fermò per una ispezione una truppa tedesca, il loro obiettivo era controllare la zona e tornare qualche giorno dopo e stabilirsi lì per qualche tempo. In quel periodo, per conto del padrone lavoravano tre slavi, probabilmente disertori; quando il babbo Giuseppe li avvisò che dovevano andare via non gli credettero. I tedeschi arrivarono di mattina, si sentì già da lontano il rumore degli zoccoli dei cavalli, portarono anche i carri e i cannoni, si accamparono davanti casa, due di questi slavi si nascosero nel fienile e uno invece riuscì a scappare ma prima parlò con i bambini, la Lena e Domenico spiegando loro che dentro al fienile c’erano due persone nascoste. I bambini riferirono tutto al babbo che dovette escogitare una soluzione per farli scappare in quanto, per qualche giorno rimasero senza acqua e senza mangiare e senza scendere per i propri bisogni. Il babbo chiese al comandante della truppa tedesca di quanti uomini era formata e, appreso che erano in 16, li invitò tutti a cena, li contò e visto che erano tutti a tavola , mandò Ida di corsa nel fienile a liberare i due soldati slavi che avevano così la via libera senza pericolo. “Li ha liberati e gli ha tirato anche una pagnotta di pane!!!” si disse
And on that note I will say ciao for now.
Marie